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CAL2011 - DON VITALE: MAESTRO, SACERDOTE, ARTISTA




Atto di battesimo di don Mattia Vitale Bertetti del 25 febbraio 1811


Il 24 febbraio del 1811 a Tollegno, Agata Ferro-Bianca, moglie di Giuseppe Bertetti, dà alla luce il suo ottavo figlio, Mattia Vitale.

Nessuno allora immaginava quale particolare storia la sorte avrebbe destinato a quel bambino che, divenuto adulto, dedicò tutta la sua vita al paese natio e ai giovani che lo abitavano. Non ci sono documenti che ci tramandano notizie della sua infanzia e della sua giovinezza, ad eccezione di una relazione sullo stato della Parrocchia redatta dall’allora prevosto don Travaglia che, nel 1830, lo cita come studente di filosofia.
All’epoca della sua ordinazione sacerdotale, il 2 maggio del 1836, don Bertetti era già maestro elementare della comunità di Tollegno da almeno 3 anni. Per descrivere il suo impegno didattico lasciamo parlare un articolo di giornale del suo tempo: “Non contento il medesimo della istruzione che impartisce ai ragazzi nelle lezioni diurne, aperse da qualche anno anche una scuola domenicale per i giovanetti che già sono occupati al lavoro nei lanifici ed altrove. Per tale scuola non percepisce veruna gratificazione nè dal Governo, nè dal Comune... Trova compenso di tanta fatica nel vantaggio che ne ricavano i suoi cari compaesani. È modesto, istruito, laborioso, infaticabile...”.
La sua casa, ancora esistente in via Cesare Battisti, era chiamata “Il collegio dei discoli”, e lì insegnava a leggere, a scrivere e a far di conto dando insieme lezioni di buona condotta.
Dall’aprile al luglio del 1842 è la sua mano che battezza i neonati di Tollegno, invece del parroco, così come pure accadrà ancora, seppur molto più raramente negli anni seguenti, sicuramente fino al 1864.
E se da una parte don Vitale dimostrò di essere uomo colto, filantropico e lungimirante, dall’altra rivelò un talento artistico che lo fece conoscere ben al di fuori dei confini del piccolo paese che era Tollegno. Il Bertetti plasmò la cartapesta e il gesso, dipinse e disegnò, sempre come soggetti persone comuni e situazioni di vita quotidiana, sempre celando dietro alla forma apparente dell’opera realizzata un significato più profondo e personale, che ancora oggi traspare dall’analisi approfondita di ciascuna delle sue creazioni.
La maggior parte della sua produzione è andata probabilmente purtroppo perduta o distrutta. I suoi lavori, per lo più anonimi e privi di data, rendono oggi difficile il reperimento e il riconoscimento. E i materiali poveri con cui sono stati realizzati ne hanno portato alla distruzione molti, in seguito ai danni dovuti al tempo e alla mala conservazione. Molti ancora sono dapprima andati spartiti tra gli eredi e poi finiti chissà dove. Ci rimane notizia certa di lavori che non si è potuto rinvenire, quali una statua della Madonna d’Oropa destinata al Duomo di Biella, le due statue di San Giuseppe e Maria per la parrocchiale di Tollegno, il gruppo eseguito per la scuola elementare di Tollegno, le statue del giardino dell’Oratorio di San Filippo, altre opere di soggetto sconosciuto che ornavano “...edifizi del circondario...” e ”...numerose chiese...”, lavori in cartapesta quali un san Luigi e una Sacra Famiglia, dipinti di farfalle, malauguratamente bruciati durante l’incendio della casa di un nipote dell’avvocato Prospero Bertetti a Biella nel 1941.

I giovani e i fanciulli erano in special modo i destinatari dei messaggi e dei valori morali e cristiani che le sue opere divulgavano. La profonda conoscenza che don Bertetti aveva dello spirito dei bambini è evidente nelle sue rappresentazioni, che traevano spunto proprio da situazioni di vita vissuta molto vicina all’artista. Tra i bambini era cresciuto nella sua numerosa famiglia, tra i bambini lavorava e tra i bambini continuò a vivere fino alla sua morte, nella casa del fratello, tra nipoti e pronipoti.
Nel 1871 ricevette un’onoreficenza al merito scolastico. Il diploma è di questo tenore: “S. E. il signor Ministro dell’istruzione pubblica (...) conferiva la medaglia di bronzo al sacerdote Bertetti Vitale maestro elementare normale in Tolegno (...). Il signor Ministro (...) volle, con queste onorifiche distinzioni, dimostrare quanto sappia apprezzare le umili ma utili fatiche degli insegnanti che sono tutto zelo ed attività nel promuovere il popolare insegnamento...”.
E poi nel dicembre del 1881, pochi mesi prima della morte, nuovamente il Ministro della Pubblica Istruzione gli conferì da Roma “... una Medaglia d’Argento in premio dell’intelligente ed efficace zelo col quale attende all’istruzione ed educazione del popolo”.