Accesso ai servizi

Tollegno 1861. Un giorno in paese all’indomani dell’Unità d’Italia

Tollegno 1861. Un giorno in paese all’indomani dell’Unità d’Italia


Tra le magie del dire usate per comunicare il passato, quello del “viaggio nel tempo” è un vecchio trucco.
E’ un artificio non troppo originale, ma semplice e abbastanza affidabile. Lo hanno proposto e lo propongono un po’ tutti: storici, romanzieri, poeti, drammaturghi, documentaristi e registi quando vogliono farci rivivere un’epoca, aiutarci a comprendere un momento trascorso, indurci a riflettere e a emozionarci per quanto ci ha preceduto, e a immedesimarci in chi non è più. C’è chi svela l’inganno e chi no, ma il numero riesce davvero bene solo se chi legge, ascolta o guarda è pronto a essere, nello stesso tempo, lo stupito spettatore e l’abile assistente del mago. E’ un’illusione da condividere.
Facciamo insieme questo gioco di prestigio in chiave tollegnese.

Prepariamoci a viaggiare leggeri. Portiamo con noi solo un bagaglio piccolo, il minimo indispensabile: la conoscenza che abbiamo (o che dovremmo avere) del nostro paese per come si presenta oggi, qualche nozione della sua storia più o meno recente (facciamo conto di aver passato tutti quanti un po’ di ore in archivio o in biblioteca) e la buona disposizione a immaginare. Perché queste pagine tentano di ricostruire e di rievocare, ma è solo la nostra capacità di “vedere” con gli occhi della mente a rendere possibile il viaggio.

Nel titolo si trova il “programma” della gita. Con un bel balzo all’indietro eccoci nel 1861. Centocinquanta anni ci separano da quella data così carica di eventi, di significati e di simboli. L’Italia finalmente unita, tutta o quasi. Un fatto storico o un complesso di fatti storici che oggi più che mai chiede di essere ancora visto e, per certi versi, rivisto. Soprattutto nelle sue conseguenze, con onestà intellettuale e senza pregiudizi, con la consapevolezza della variabilità dell’interpretazione del nostro passato in funzione delle contingenze presenti, con la serenità di chi sente propria un’appartenenza nazionale al di là della retorica patriottica, con la libertà acquisita grazie al succedersi fecondo di valori e di sacrifici, pur tra luci e ombre, di generazioni di italiani.
Ebbene, siamo nel 1861. Ma questa del nostro arrivo non è una giornata come le altre. “Ieri”, domenica 17 marzo, a Torino Vittorio Emanuele II, già re di Sardegna, ha assunto “ per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia”. Nelle pagine che seguono “l’oggi” è proprio l’indomani dell’Unità d’Italia, lunedì 18 marzo 1861. L’intento è quello di trascorrere idealmente tutto il giorno a Tollegno, come visitatori curiosi, per guardarci intorno, per chiacchierare con quella gente da cui discendiamo o che ha consumato la propria esistenza dove noi adesso viviamo, per provare a capire qualcosa della vita quotidiana di coloro che allora camminavano per le vie, abitavano le case, lavoravano le terre e pregavano nella chiesa che ora sono le nostre. La scelta del 18 marzo è motivata tanto dall’eccezionalità quanto dalla normalità di quel lunedì: da un lato il compimento ufficiale del passo più importante del Risorgimento, ossia l’unificazione territoriale italiana (sebbene ancora priva di Roma e del Triveneto), dall’altro l’inizio di una settimana in un villaggio come tanti, povero e “lontano dalla Storia”.
Eppure, malgrado Tollegno sia stato ab antiquo e fosse ancora nel 1861 poco più di un’inezia (quattro case, quattro gatti, è il caso di dirlo…) o, forse, proprio questa ragione, se il viaggio sarà vissuto in senso pieno torneremo a casa con un baule colmo di suggestioni e di esperienze nelle quali ritrovare un po’ delle nostre radici.

Quindi, per un giorno, noi “siamo” nel 18 marzo 1861. Noi (si tratta di un’uscita collettiva) descriviamo le cose mentre ci succedono, mentre le stiamo vivendo.
Quanti siamo nella comitiva? E’ un volo a ritroso nella memoria e il mezzo di trasporto è immaginifico: c’è posto per tutti. Il “noi” significa tutti quelli che intendono partire.
Si avvisano infine i signori viaggiatori che tutto quanto andranno a scoprire in questo libro è, dal punto di vista storico-documentario, vero e provato. E’ bene chiarire questo aspetto essenziale perché, sebbene la forma scelta sia quella narrativa per conferire a questo percorso di (ri)scoperta la levità del racconto e non la gravità del saggio, il contenuto è il risultato della consultazione diretta delle fonti (citate qui di seguito) e della elaborazione di dati sempre e comunque verificabili. La facoltà di astrazione richiesta è necessaria solo per animare e per contestualizzare individui e situazioni. Ciò che segue, nelle intenzioni di chi scrive, è la riproposizione “leggibile” della verità storica attraverso il più stringente criterio di verisimiglianza.
Ultima avvertenza: i nomi, i cognomi e i toponimi sono stati di norma “attualizzati”, cioè scritti nella forma più prossima al nostro attuale modo di sentirli e di pronunciali, per non creare confusione. Alcuni esempi: l’originale Gio. Batta Germanetto diventa Giovanni Battista Germanetti, Craveja diventa Craveia e il cantone Valleggia diventa Valeggia.



Danilo Craveia